“La Bellezza ritrovata”: i ringraziamenti e le considerazioni dopo i due giorni dedicati al Vignola dell’assessore alla Cultura del Comune di Rieti Letizia Rosati

“Quelli che la nostra città ha vissuto nello scorso fine settimana sono stati giorni importanti, il primo evento legato alle celebrazioni per i 450 anni dalla morte di Jacopo Barozzi, il Vignola, ed il primo frutto evidente di un lavoro iniziato già nella precedente consiliatura. La soddisfazione per la buona riuscita di questa iniziativa è merito di tutti coloro che vi hanno lavorato e partecipato, e per questo ritengo sia un dovere ringraziare, innanzitutto l’assessore alla Cultura della Regione Lazio, Simona Renata Baldassarre, per il suo contributo e per aver confermato con la sua presenza l’attenzione di quell’amministrazione per il nostro territorio. Volendo ricordare chi ha condiviso questo percorso non è possibile non ringraziare Emilia Muratori sindaca di Vignola, Gregory Paolucci sindaco di Sant’Oreste e le loro amministrazioni. A questo proposito corre l’obbligo di ringraziare anche il Comitato Gemellaggi del Comune di Rieti ed Elisabetta Occhiodoro e Daniela Acuti per aver intuito e collaborato fin dall’inizio nel creare una rete di relazioni che si è rivelata un grandissimo valore aggiunto. Sono stati giorni in cui Rieti ha saputo recitare in pieno il suo ruolo di capoluogo, coinvolgendo anche i comuni vicini, come Cittaducale con il suo sindaco Leonardo Ranalli, e Fara Sabina con Roberta Cuneo, che nella doppia veste di sindaca e presidente della Provincia ben rappresenta tutto questo, ed ha accompagnato alla scoperta delle importanti tracce lasciate da Jacopo Barozzi in Sabina. La presenza dell’Università in città è sempre più qualificante, e per questo ringrazio L’Università La Sapienza e quella de L’Aquila nelle persone di Leonardo Paris, Maria Laura Rossi, Stefano Brusaporci e Pamela Maiezza, che nelle due giornate hanno dato un apporto di livello assoluto. Così come sono grata a Fra Dario Vermi, Postulatore Generale dell’Ordine ospedaliero di San Giovanni di Dio, che ha ben rappresentato il ruolo ed il legame tra la Chiesa di Sant’Antonio Abate, l’antico ospedale cittadino e chi vi ha prestato la propria opera. Ancora grazie a Stefano Pozzovivo, che ha coordinato i lavori in maniera ineccepibile, ad Alfredo Pasquetti, direttore dell’Archivio di Stato per il suo generoso e competente apporto, al pari di quello dei ricercatori locali Enzo Marzi e Giacomo Nicolò. La presenza del Fai si è rivelata di grande aiuto, per questo ringrazio l'arch. Giuseppe Morganti ed il Gruppo Fai Rieti con la capogruppo Emanuela Varano, che ha scelto questo sito come luogo del cuore. Come sempre quella dell’associazionismo si è rivelata una risorsa preziosa, come testimoniato da Ri-attivati, D. Petrini e Axoarchitetti all’opera. La performance del Gruppo Jobel ha certamente impreziosito l’evento sorprendendo il pubblico. Il nostro splendido territorio si è raccontato con l’arte, ma anche grazie ai suoi prodotti d’eccellenza, per questo la mia riconoscenza va anche a Coldiretti e La Mimosa di Adelmo

Abbiamo raccontato il Vignola attraverso la riscoperta di un suo autentico gioiello, la Chiesa di Sant’Antonio Abate, che dopo la fase preliminare di studi e analisi condotte dall’Università degli Studi La Sapienza e dall’Università di L’Aquila, con la messa in sicurezza del pavimento, ha compiuto un primo fondamentale passo verso la riconquista del suo ruolo nel dare lustro alla città di Rieti. Parlando di questo non può essere dimenticata la Soprintendenza ABAP, nella persona dell’arch. Federica Vitarelli, che ha sempre dimostrato di credere quanto noi in questo progetto e che ha comunicato altri 2 milioni di finanziamento per portare avanti i restauri della chiesa. Al lavoro di ricerca ha senz’altro contribuito l’ordine Fatebenefratelli, che ha dischiuso i propri archivi permettendo ricerche inedite. Altro sguardo offerto sul territorio è stato quello di Don Fabrizio Gioiosi, della diocesi di Sabina, che ha partecipato ai lavori con una relazione di grande valore. 

 

 

Il mio interesse personale per questo luogo nasce da lontano, da quando ero  semplicemente una docente di storia dell’arte, e sentii subito che un bene culturale di questo valore, che contiene in sé tutto il respiro del Rinascimento, non potesse restare abbandonato nelle condizioni a cui ci si era forse colpevolmente abituati a vederlo, come si può dire per l’antico ospedale. Un luogo destinato al buio ed al silenzio sta tornando a parlare ed a narrare la sua storia che ha dato lustro all’Italia intera nel mondo. E grazie alla Chiesa di Sant’Antonio Abate la città di Rieti sta riscoprendo il suo Cinquecento, che da quella chiesa e da quell’ospedale ha visto passare generazioni di reatini con le loro storie. Scavando ancora nella memoria che quei luoghi raccontano si arriva ancora più lontani nel tempo, fino all’epoca romana, a resti di mura datati 2300 anni fa. Questa opera che siamo fermamente convinti a portare avanti, non è soltanto un recupero di un patrimonio fisico, ma il recupero della memoria, della storia e dell’identità ed un ponte verso il futuro attraverso il progetto di fare dell’Ospedale Storico un luogo nel quale saranno ospitati quegli studenti universitari che contribuiranno a costruire la Rieti che sarà.